Omicidio Diabolik: il proiettile che uccise Fabrizio Piscitelli era del Reparto Scorte

Emergono novità importanti sull’omicidio di Fabrizio Piscitelli, Diabolik, lo storico leader degli Irriducibili della Lazio. Al centro c’è la pallottola che lo ha freddato nell’agosto del 2019.

Erano le 18:44 del 7 agosto 2019, un uomo vestito da runner rallenta la sua corsa, estrae la pistola e spara. La pallottola, sparata a distanza ravvicinata, colpisce alla testa e uccide Fabrizio Piscitelli, storico leader degli Irriducibili, il gruppo del tifo organizzato della Lazio.

Fabrizio 'Diabolik' Piscitelli storico leader degli Irriducibili
Fabrizio Piscitelli, leader degli irriducibili della Lazio (foto LaPresse)

Una morte che ha fatto tantissimo eco, dai problemi legati al funerale fino ad arrivare ai gialli sul caso, non ancora risolti. Il presunto esecutore materiale, l’argentino Raul Esteban Calderon, è stato arrestato lo scorso dicembre. Sono state le immagini delle telecamere di sorveglianza del parco degli Acquedotti e alcune intercettazioni a inchiodare il killer.

Omicidio Diabolik: le novità sul proiettile

Ma se questa è storia nota, gli ultimi aggiornamenti sulla morte di Diabolik, invece, riguardano il proiettile che l’ha freddato. Secondo quanto riportato da Il Messaggero e Il Mattino, infatti, quella pallottola era in dotazione al Servizio Scorte. Una circostanza emersa dalle verifiche eseguite dalla Squadra mobile di Roma e dalla Procura. Nell’ambito dell’inchiesta sul presunto esecutore materiale. La domanda su come quel proiettile sia finito nelle mani della criminalità resta. A rispondere dovranno essere gli inquirenti, che continuano le loro indagini sulla morte di Piscitelli.

La notizia su quel proiettile, 9×19 parabellum, non era ancora venuta a galla e si tratta di un’assoluta novità. Qualcosa che invece è presente negli atti: “Munizionamento da guerra in uso alle forze di polizia, lotto 33/16 assegnato al reparto scorte del Viminale”. Le verifiche finora però non hanno fatto luce sul mistero né sono riuscite a stabilire a chi fosse in uso.

Fabrizio Piscitelli durante la manifestazione nazionale degli Ultras
Fabrizio ‘Diabolik’ Piscitelli foto (LaPresse)

C’è la possibilità che si tratti anche di un’arma persa o rubata a uomini delle forze dell’ordine. Inoltre va ricordato che la pistola che ha ucciso Diabolik non è mai stata ritrovata.

Stando sempre sia a Il Messaggero che a Il Mattino, Calderon e i suoi sodali sembrava potessero contare su una talpa alla Mobile, Un poliziotto prossimo alla pensione e con un secondo lavoro in un ristorante di Ottavia. Zona della città di Roma non casuale, quadrante di maggiore influenza dei fratelli Leandro ed Enrico Bennato con cui, secondo l’accusa, Diabolik si sarebbe scontrato.

Il nome del poliziotto sarebbe stato fatto da Rina B., la 48enne ex compagna di Calderon. E proprio la donna, con le sue rivelazioni, è la principale accusatrice dell’argentino. Secondo l’accusa era sua la pistola che ha sparato a Piscitelli, un’arma che lei stessa aveva sottratto al gioielliere Mangiucca di Torre Maura durante una rapina nell’aprile del 2019. La stessa pistola che poi Calderon ha preso e utilizzato all’insaputa della donna.

Le scarpe poi fatte sparire

Le amicizie con le forze dell’ordine in questo caso, però, non sono una novità. Sempre Rina racconta che la notizia di un video della rapina le arriva per vie traverse: “La notizia era arrivata da una persona della Squadra Mobile”.

Durante la perquisizione della casa dei due (Rina e Raul) gli agenti troveranno un paio di Converse verdi, scarpe che la donna aveva ai piedi durante un altro colpo, al centro commerciale Le Torri di Tor Bella Monaca. Poi la convocazione in Questura: “Il poliziotto mi disse che era giunto per me il momento di andare in galera ma che mi avrebbe fatto fare il Ferragosto a casa, come è stato”.

Calderon, inoltre, chiede come poter evitare il carcere alla compagna: “Guarda, io perché conosco Leo e gli voglio bene, ti posso aiutare solo in questo modo, invece di chiamartene (accollartene, ndr) tre te ne chiamo due…“. L’allusione è per la rapina alle Torri e effettivamente le scarpe vengono riconsegnate a Rina, con la raccomandazione di farle sparire.