Dario Marcolin, doppio ex di Lazio e Cagliari, sulla sfida dell’Olimpico: “I biancocelesti devono pareggiare l’aggressività dei rossoblù. La sfida di oggi è una bella trappola”
Un anno a Cagliari e sei stagioni alla Lazio: Dario Marcolin è uno dei doppi ex che stasera guarderanno la sfida dell’Olimpico con grande attenzione. Il centrocampista, che nella stagione 99-00 si è laureato campione d’Italia con la Lazio di Sven Goran Eriksson, ha lasciato un bel ricordo in Sardegna. “Ho giocato un anno a Cagliari: è stato un bell’anno per me: ho fatto sempre il titolare in una squadra che giocava in Coppa Uefa ed arrivò fino in fondo. Io purtroppo non ho potuto giocarla perchè arrivai a novembre dalla Lazio e avevo già giocato in Europa con i biancocelesti, ma in campionato ero sempre titolare. In quell’anno ho vinto il titolo Under 21 a Montpellier ed io ero il capitano. Ero molto giovane, ma è stata una stagione strana: bene in Coppa Uefa e così così in campionato. Cagliari è un oasi felice per i giocatori. C’è un senso di appartenenza forza, con i tifosi che trasmettono tanto alla squadra”.
Che spesso si tramuta in grande entusiasmo in campo. “La Lazio deve stare attenta a non sottovalutare gli avversari. Per i biancocelesti la gara con il Cagliari è la classica trappola dove hai tutto da perdere e niente da guadagnare”, ha dichiarato ai microfoni di Radio Olympia. “Il Cagliari ha bisogno di punti, Nicola gioca un calcio normale, ma è un grande motivatore. Se la Lazio pareggia la cattiveria del Cagliari, allora viene fuori la maggiore qualità che i biancocelesti hanno in quantità superiore. La squadra di Baroni non ha bisogno di sporcare la partita, ma di giocarla”. I rossoblù si trovano a nove punti dopo dieci giornate: “Ho commentato il Cagliari con la Roma all’esordio ed hanno giocato un match di un’intensità straordinaria. Altre volte sono stati sovrastati. Ma per la Lazio questa gara è molto importante, vincere oggi ti permetterebbe di guadagnare un’autostima incredibile e di iniziare una nuova stagione”.
Marcolin, Baroni e il paragone con l’Atalanta: “Ecco cosa hanno in comune”
Nove vittorie nelle prime tredici partite stagionali. La Lazio di Baroni sta sorprendendo. “Se può essere la rivelazione di questo campionato? Al momento lo è – conferma Marcolin – poi alla lunga bisogna vedere quello che succederà. Io mi sono convinto di una cosa. Baroni gioca un calcio stra offensivo, con quattro attaccanti. Quando giochi così, è difficile trovare qualcuno che ti possa criticare. Questo modo di giocare piace ai presidenti, ai tifosi e agli addetti ai lavori e per la Lazio che era reduce dallo scorso anno, era esattamente quello che ci voleva. Se si fosse messo a giocare in modo più speculativo, adattandosi agli avversari, sarebbe stato probabilmente un percorso più negativo. Oggi invece la Lazio piace. E diverte”.
Marcolin poi si sbilancia su un parallelismo. “Oggi la Lazio e l’Atalanta sono le uniche due squadre che giocano sempre allo stesso modo: in casa, in trasferta, contro una big o contro una neo promossa”. Entrambe hanno abbandonato il calcio posizionale. “Se avete visto Napoli-Atalanta, da una parte c’erano i nerazzurri che non davano punti di riferimento, il Napoli invece era facilmente marcabile: quando una sola volta Politano ha fatto un taglio insolito, non aveva nessuno che lo seguiva. La Lazio prova a giocare così. I due attaccanti si muovono sempre, non danno punti di riferimento. Movimenti che danno fastidio alla difesa avversaria. Lo stesso Guendozi con Rovella non li trovi mai nella stessa posizione: uno basso uno alto, uno che chiude in area e uno dietro, uno che attacca e uno che resta più indietro. Ma una volta lo fa Guendouzi e una volta lo fa Rovella. Questa cosa non la fanno tutti. Quando i giocatori ti portano in giro, non dai riferimenti, è come se togliessi la terra sotto i piedi degli avversari ed è li che vinci la partita”.
C’è anche un altro aspetto, secondo il ragionamento di Marcolin, che accomuna i biancocelesti ai nerazzurri: “Baroni e Gasperini cambiano tanto, soprattutto quando ci sono i turni infrasettimanali e riescono spesso ad avere buoni risultati. Fateci caso: la Lazio ha giocato con il Twente in Europa League e a distanza di tre giorni Baroni ne ha cambiati nove. Gasperini ha lasciato in panchina Retegui con il Napoli ed ha modificato molto della squadra che aveva battuto il Monza. Lazio e Atalanta, quando cambiano i giocatori, hanno lo stesso rendimento. L’Inter e il Milan ad esempio fanno più fatica quando attuano un turnover. Nel cambio, resta la stessa identità: questo vuol dire che il lavoro sul campo è recepito da tutti i giocatori. Magari tra qualche mese le cose cambieranno, ma oggi è così”.
L’obiettivo della Lazio: “Occhio agli scontri diretti”
Ma qual è l’obiettivo di questa Lazio? Per cosa potrà concorrere in campionato? “Bisogna aspettare il momento in cui arriveranno gli scontri diretti ravvicinati. Per ora la Lazio ha giocato con Milan, Juve e Fiorentina. Con i bianconeri la gara è impossibile da valutare, anche se nei primi venti minuti la Lazio mi era piaciuta”. Perchè gli scontri diretti saranno determinanti? “Perchè il campionato è diviso in due tronconi: nella parte sinistra ci sono le squadre forti, quelle a destra lotteranno per non retrocedere. E sono tante. Negli altri anni le piccole davano fastidio alle grandi, quest’anno sarà più complicati. Saranno gli scontri diretti a dire che tipo di stagione farà la Lazio. Ad oggi gli mancano i due punti di Firenze, dove non meritava di perdere. Quello che si capisce della Lazio, è che ha le idee chiare. Particolare che magari, quando ha affrontato Udinese e Milan, ancora non era così evidente”.
Chiusura dedicata a Castellanos. L’argentino, che a Como ha siglato una doppietta, è arrivato a quota cinque in campionato, migliorando già la quota gol della scorsa stagione. “La partenza di Immobile e la responsabilità di essere la punta titolare gli hanno fatto bene. Lui ha studiato alle spalle di Immobile, ma oggi è libero di testa. Si vede: prova la rabona, la rovesciata, come facciamo noi quando giochiamo a calcetto. E’ libero di testa, lavora tanto, ma il suo lavoro è fantastico. E’ sicuro delle sue giocate e in campo si vede. Io un Castellanos in campo lo vorrei sempre. Ha Garra, oltre naturalmente alle qualità tecniche. E’ un giocatore vivo, che percepisci in mezzo al campo”