L’undici novembre del 2007, Gabriele Sandri fu ucciso in modo barbaro da un funzionario delle forze dell’ordine. Da quel giorno, tutti ci siamo sentiti più vuoti…
Sono passati diciassette anni da quel maledetto 11 novembre del 2007. Una delle date più tristi nella storia del nostro Paese. Un giorno in cui tutti ci siamo sentiti indifesi, in pericolo. E con tanta rabbia in corpo. Quel giorno Gabriele Sandri, un ragazzo di 26 anni venne ucciso da un funzionario delle forze dell’ordine, in un modo assurdo. Da quel giorno in poi iniziarono mesi, anni, di frustrazione e di una ricerca assoluta della verità. Che qualcuno, ha cercato in ogni modo di nascondere. O di scrivere in modo diverso.
Chiunque, in quel maledetto 11 novembre del 2007, fosse a Milano, o in qualsiasi stadio d’Italia, ricorderà quel giorno per sempre. La sconcerto, le prime confusionarie notizie che arrivavano mentre ci si recava allo stadio, quel vuoto che piano piano prendeva possesso dei nostri corpi. Con la rabbia e la frustrazione che si sono trascinati per anni. Un giorno che ha cambiato l’Italia: che ha distrutto una famiglia, che ha portato l’intero Paese a porsi delle domande, e che ha fatto aprire gli occhi su quanto era accaduto negli attimi immediatamente precedenti e successivi alla strage.
Anni di depistaggi, di dolore e di ricerca della verità
Sono passati diciassette anni da quando un agente di Polizia, chiamato a mantenere l’ordine e proteggere i cittadini italiani, decise in modo del tutto volontario e senza alcun motivo valido di impugnare una pistola, sparare un colpo che attraversasse numerose corsie autostradali, con il rischio di fare una strage. Per colpire una macchina piena di persone, che si stavano allontanando da un autogrill. Senza alcuna necessità, e uccidendo sul colpo un ragazzo che stava andando a seguire la sua squadra del cuore.
Sono passati diciassette anni dai tentativi di depistare, modificare, stravolgere una verità che era sotto gli occhi di tutti. Diciassette anni da quando un Questore provò a difendere l’indifendibile e a scrivere una realtà completamente diversa da quella che veniva descritta dai testimoni. Anni di processi, di articoli scritti in modo superficiale, di tentativi di stravolgere la realtà. Anni in cui una famiglia, stravolta dal dolore, ma caratterizzata dalla voglia di non mollare e decisa a fare emergere la verità, ha affrontato con dignità e forza d’animo, un oceano in tempesta, facendo emergere in modo inconfutabile, le responsabilità e gli errori di chi non ha mai tentato neanche di scusarsi. Di chi non ha mai mostrato pentimento o dolore.
Da diciassette anni Gabriele non c’è più, almeno fisicamente. Il suo spirito, la sua essenza, il suo sorriso, sono ancora dentro il cuore di chiunque l’abbia conosciuto. E di chi ha imparato ad amarlo, pur non avendolo mai visto: il suo volto è sempre presente in Curva Nord, il suo nome riecheggia in tutti gli stadi. Le canzoni che amava suonare, sono diventati i brani che ci permettono di ricordarlo e di portarlo nella nostra mente. Tanti i ricordi che abbiamo conservato nel nostro cuore: dalla corsa di De Silvestri e Firmani dopo il gol al Parma, al derby in cui la famiglia Sandri fu accompagnata dai capitani delle due squadre sotto la Nord. “Mai più undici novembre”, lo slogan che è stato lanciato più volte nel corso di questi anni. Lo rilanciamo con forza oggi, affinché nessuno debba piangere una nuova vittima innocente.