Dieci anni fa veniva a mancare uno dei portieri più forti della storia della Lazio, capace di parate straordinarie e di segnare gol importantissimi. La sua storia…
Molto prima di Ivan Provedel, nella storia della Lazio c’è stato un portiere finito più volte nel tabellino dei marcatori, grazie alla sua abilità nel calciare i tiri dal dischetto. Un portiere estroso, abile tra i pali, capace di movenze feline e di un istinto fuori dal comune. Uno dei numeri uno più forti e completi del panorama calcistico italiano. E che con la maglia della Lazio, è stato capace di scrivere pagine di storia indelebili.
La sua è una storia che si fonde nella legenda. E’ stato il quarto figlio di una famiglia capace di regalare al mondo del calcio dei campioni assoluti. In questo sport non è complicato trovarsi di fronte a famiglie capaci di regalare calciatori di primo livello: basti pensare alle fortune dei Maldini, che prima con Cesare, poi con Paolo, infine con Daniel hanno dato lustro alla Nazionale. O ai fratelli Baresi, che si sono divisi club (uno al Milan, l’altro all’Inter) e fortune. Nella stagione 99-00 Lazio e Juventus si giocarono lo scudetto fino all’ultima giornata, per la gioia della famiglia Inzaghi, l’unica ad avere la certezza di avere in casa un campione d’Italia, con Simone e Filippo in corsa per il titolo. Prima ancora c’erano stati i fratelli Laudrup, i due Vieri (Cristian e Maximilan) e altri calciatori incapaci di raggiungere i livelli dei fratelli maggiori, come Edy Baggio e Hugo Maradona.
Il portiere bomber: una famiglia prestata al calcio…e alla Lazio
Di famiglie dedite al mondo del calcio ne è pieno il mondo, ma poche, sono state in grado di regalare ben cinque giocatori e tutti di ottimo livello al panorama calcistico italiano, come la famiglia Sentimenti. Una vera e propria leggenda: Ennio (I), Arnaldo (II), Vittorio (III), Lucidio (IV) e Primo (V). Il destino dei Sentimenti si è legato in maniera indissolubile a quello della Lazio. Della famiglia infatti, solo Ennio (Sentimenti I) non ha avuto niente a che fare con il club biancoceleste. Primo, Vittorio e Lucidio hanno militato diversi anni con i biancocelesti (giocando insieme), mentre Arnaldo, il secondogenito, ha allenato per quattro stagioni le giovanili.
Due dei cinque fratelli hanno scelto il ruolo di portiere: Arnaldo e Lucidio. Quest’ultimo è protagonista di una storia davvero intensa e particolare. Nasce a Bomporto, a pochi chilometri da Modena, il primo luglio 1920. Ha dieci anni quando, per imitare i fratelli più grandi e per provare a giocare col pallone, si rompe una gamba. La mamma, spaventata, decide di evitargli altri problemi e prova a scoraggiarlo in ogni modo ad intraprendere l’attività sportiva. Preferisce avviarlo al mondo del lavoro, facendolo assumere nella bottega sotto casa come calzolaio. Il piccolo Lucidio obbedisce: va a bottega, ma ogni volta che può, durante le pause, sveste i panni del calzolaio e indossa quelli del calciatore. Cinque anni più tardi scrive una lettera e la spedisce a tutte le società di calcio che conosce: “Ho quasi quindici anni, faccio il garzone calzolaio a 15 lire la settimana, vorrei giocare. Va bene qualsiasi ruolo. Anche portiere”.
Il duello tra fratelli dal dischetto
Risponde proprio il Modena, che lo prova e lo tessera. Con i gialloblù gioca quattro campionati, dividendosi tra il ruolo di centravanti e quello del portiere. Le cronache narrano di una ventina di goal segnati come attaccante, prima del definitivo passaggio tra i pali. Una caratteristica che continua ad accompagnarlo. Con il Modena infatti segna diversi calci di rigore, prendendosi la responsabilità di calciare dal dischetto. Il 17 maggio del 1942 è protagonista id un episodio clamoroso. L’arbitro assegna un rigore al Modena e Lucidio si incarica di batterlo. In porta con i partenopei c’è il fratello Arnaldo, il più grande para rigori della storia del nostro calcio. Al termine della sua carriera ne respingerà 36. Alla vigilia di quel Napoli-Modena, Arnaldo era a quota 9 penalty consecutivi respinti.
Quando Lucidio si appresta a calciare, Arnaldo gli si avvicina e gli dice che non riuscirà mai a fargli goal. Lucidio risponde che è meglio non provare a respingere il suo tiro, onde evitare di rompersi un braccio. Il risultato è che Lucidio (che conosce i segreti del fratello meglio di chiunque altro) fa goal e Arnaldo lo rincorre per il campo. I due fratelli non si parleranno per due anni, prima della pace imposta dal papà. Nell’estate del 1942 passa alla Juventus e ci gioca fino al 1949, disputando quattro campionati di serie A e quello del 1945-46 (post guerra) diviso in più gironi. Nel suo periodo juventino gioca anche cinque volte in nazionale, detenendo un vero e proprio record. Nella sfida tra Italia e Ungheria dell’undici maggio 1947 è l’unico azzurro “straniero” in mezzo a dieci giocatori del grande Torino.
L’arrivo alla Lazio: la squadra “dei Sentimenti”
Nel 1949 passa alla Lazio. I biancocelesti lo acquistano al posto di Uber Gradella, che si era gravemente infortunato. Alcune ricostruzioni storiche ipotizzano che i dirigenti bianconeri decisero di lasciarlo partire perchè (alla soglia dei 30 anni) lo consideravano in declino. “Fase discendente un corno – ha detto in un’intervista rilasciata nel giugno 2011 – ora vi racconto come andarono i fatti: il presidente della Juve non voleva che io andassi alla Lazio, perchè diceva che ero il portiere più forte che avesse mai visto; pensi che mi scrisse una lettera dove mi diceva che, se mi avesse venduto alla Lazio, lo spogliatoio si sarebbe arrabbiato, ma io volevo andare via perchè desideravo fortemente la Lazio”.
A Roma Lucidio vive una seconda giovinezza, giocando campionati straordinari. Con i biancocelesti ottiene tre quarti posti consecutivi. E’ una Lazio bella e divertente, che viene trascinata dal suo portiere e da altri due componenti della sua famiglia: Vittorio (Sentimenti III) e Primo (Sentimenti (V). Memorabili alcune sfide: come il pareggio casalingo con l’Inter (da 0-3 a 3-3) e la vittoria in un derby, arrivata grazie alle parate di Lucidio e ai gol di Vittorio. Da ricordare anche una vittoria sul campo della Juventus, in una sfida che rappresenta per Sentimenti, una sorta di vendetta: nel campionato 53-54 para infatti un calcio di rigore a Boniperti, impedendo il successo alla Juventus, che al termine di quel campionato perse lo scudetto per un solo punto. Con la Lazio segnò tre gol, tutti su calcio di rigore. E si confermò bravissimo nel respingerli.
L’amicizia con Baciagalupo e quella foto custodita gelosamente
Il destino lo portò ancora una volta di fronte ad uno dei fratelli: durante un Torino-Lazio e con i biancocelesti avanti 1-0, venne concessa la massima punizione ai padroni di casa. Dal dischetto si presentò il fratello Vittorio, ceduto dalla Lazio ai granata la stagione precedente. Sentimenti III (forse il più legato ai colori biancocelesti insieme al fratello portiere) prende il pallone, si avvicina al dischetto, ma poi, dopo una breve riflessione, si tira indietro. Probabilmente perchè ancora legato alla Lazio e incapace di segnarle o forse perchè spaventato dal confronto con il fratello para rigori, lascia l’incombenza al compagno Farina. Il granata calcia, ma si fa respingere il tiro da Lucidio Sentimenti, che mantiene inviolata la porta e regala il successo alla Lazio. Al termine della stagione 53-54 lascia Roma. Ha 34 anni e molti, ripetendo lo stesso errore fatto ai tempi dell’addio alla Juventus, lo considerano alla fine della sua gloriosa carriera. Ma essendo un “freddissimo determinista, dotato di una astuzia luciferina” come scrisse Gianni Brera, o più semplicemente uno sportivo straordinario capace di gestirsi alla grande, Lucidio non ha nessuna intenzione di smettere.
Gioca ancora altri tre anni al Vicenza, vincendo un campionato di serie B e mettendosi ancora in evidenza, poi altri quattro tra i dilettanti del Cenisia, prima di tornare, alla soglia dei quarant’anni in serie A, per disputare una manciata di gare col Torino. Alla squadra granata lo lega un episodio commovente e allo stesso tempo drammatico, ma che rende perfettamente l’idea del valore umano del personaggio. Ai tempi della sua militanza juventina era perennemente in competizione con il portiere granata Valerio Bacigalupo. I due venivano continuamente confrontati dalla stampa e dai tifosi. Si contendevano lo scettro di miglior portiere della serie A, lo scudetto e il ruolo di numero uno della nazionale. Ma se in campo erano acerrimi rivali, nella vita i due erano legati da profonda stima e amicizia. Quando Bacigalupo morì, con gran parte dei suoi compagni sulla maledetta montagna di Superga, vennero consegnati alla famiglia alcuni documenti ritrovati sul luogo della tragedia. Tra questi il portafoglio del portiere granata, dove conservava gelosamente una foto che lo ritraeva abbracciato al rivale Lucidio. La famiglia Bacigalupo volle consegnare quella foto al diretto interessato e Cochi la conservò gelosamente portandosela sempre appresso come il più prezioso dei ricordi.
Ci ha lasciato dieci anni fa il 28 novembre del 2014, a 94 anni. In una delle sue ultime interviste, parlando di Lazio, e del fatto che la preferì alla Roma, rispose così: “Vuoi scherzare? La Roma era una squadra come le altre, la Lazio aveva qualcosa di magico che solo indossando quella maglia puoi capire”.