Nonostante la giornata di calendario e alcuni risultati delle concorrenti dirette favorevoli, la Lazio ancora una volta non riesce a vincere davanti al proprio pubblico
La vittoria contro il Genoa di mercoledì scorso aveva prepotentemente rilanciato i sogni europei dei biancocelesti e una vittoria ieri sera, nel posticipo della giornata giornata 34 della serie A, contro il Parma in casa, avrebbe addirittura lanciato gli uomini di Baroni a tre punti dal terzo posto dell’Atalanta in piena corsa, quindi addirittura per un posto in Champions League del prossimo anno. Un rocambolesco pareggio per 2-2, acciuffato con una reazione più di nervi che di tattica nel finale, grazie alle prodezze dell’eterno Pedro, dopo il solito avvio shock sia nel primo che nel secondo tempo, lascia come al solito a metà del guado tutto l’ambiente: società, squadra e tifoseria.

Adesso è davvero diventato un problema perchè i numeri sono impietosi. La Lazio nelle ultime 10 partite di campionato giocate in casa è riuscita a vincere soltanto una volta contro il Monza ultimo in classifica, oramai tre mesi fa, poi sette pareggi e due sconfitte, e quello che una volta era un vero e proprio fortino ora è diventato un tabù, a fronte di un rendimento in trasferta rimasto pressoché immutato, simbolo che c’è qualcosa di psicologico, e meno di tattico, che frena la squadra.
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Ennesimo pareggio casalingo
A inizio stagione era una specie di roccaforte, già ad agosto con la rimonta contro il Venezia, nella prima giornata del nuovo campionato, i biancocelesti avevano fatto capire che in casa sarebbero stati dolori per tutti, 6 vittorie e un pareggio, anche quello in rimonta contro il Milan alla terza giornata, quando Baroni scoprì il 4231 e Nuno Tavares sulla corsia sinistra. In Italia e in Europa la legge dell’Olimpico toccava a tutti, anche il Porto e il Nizza in Europa League venivano schiantati dai biancocelesti che sembravano irrefrenabili. Un rendimento altissimo che, unito a quello altrettanto brillante in trasferta, ha portato la Lazio a stazionare sempre a ridosso delle posizioni di vertice.

Una squadra brillante, spavalda che vinceva e divertiva i suoi tifosi sempre molto presenti sia in casa sia in trasferta. Poi il 16 dicembre gli uomini di Baroni sono incappati in una serata nerissima contro l’Inter dell’ex Simone Inzaghi, uno 0-6 pesantissimo che ha rappresentato la peggior sconfitta interna nella storia ultracentenaria della Lazio. Una debacle tostissima da digerire, ma che la squadra ha saputo subito metabolizzare nel breve, andando a vincere a Lecce all’ultimo minuto con il gol di Marusic, e tutto sembrava essere tornato a posto.
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Un vero e proprio tabù
Nessuno poteva però immaginare che quella cocente sconfitta contro i neroazzurri avesse intaccato così tanto le certezze casalinghe dei biancocelesti che da quel giorno in poi hanno sofferto le pene dell’inferno ogni partita giocata tra le mura amiche sia in casa che, per altri versi, in Europa. Già nella prima gara successiva contro l’Atalanta la Lazio viene beffata nei minuti finali da uno strano pareggio di Brescianini, appena entrato dopo una gara anche ben giocata contro un avversario assolutamente di valore, e da quella partita in poi tutto è diventato tanto difficile con partite particolari, cominciate male o non vinte per episodi altrettanto particolari.

La sconfitta con La Fiorentina ad esempio, con una partenza horror e due gol presi in 15 minuti prima del forcing finale, che per poco non porta a rimetterla in piedi con il palo di Pedro nei minuti di recupero, i pareggi inconcepibili contro Como, Torino, Udinese e la stessa Roma dopo aver giocato anche meglio dell’avversario, ma una volta un’espulsione di troppo, a volte un errore del portiere, altre volta un’amnesia difensiva lasciava campo libero al gol degli avversari.
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Un problema mentale
Unico momento in controtendenza il roboante 5-1 contro il quasi retrocesso Monza, poi soltanto il segno X sulla ruota di Roma. Un vero e proprio tabù ribadito anche ieri con un rocambolesco 2-2 acciuffato nella doppia rimonta contro il Parma dopo un avvio assurdo. Come se la squadra sentisse oramai tutto il peso di queste troppe partite giocate senza vincere davanti ai suoi meravigliosi e pazienti tifosi, come se per fare bene davanti alla propria gente si tendesse a strafare con eccessi di nervosismo e paura di non essere all’altezza. “Eravamo un po’ troppo nervosi, dobbiamo migliorare, alzare l’attenzione, non pensare alle cose che riguardano il campo. Ci manca vincere in casa”, ha detto Alessio Romagnoli ieri sera al termine della partita, una vera e propria ammissione di responsabilità su quello che sta accadendo sul prato dell’Olimpico. Anche perchè la squadra ha continuato, per fortuna, a fare punti in trasferta come nel girone d’andata, sintomo che, lontano da altre pressioni, i giocatori riescono a venire a capo degli avversari.

La Partita contro il Bodo/Glimt è stata la perfetta fotografia di questo momento. Un’impresa quasi impossibile ribaltare lo 0-2 subito in Norvegia e la squadra ha giocato una partita senza avere nulla da perdere, riuscendo addirittura ai supplementari, con una prova tutta cuore e coraggio, a salire fino sul 3-0 che voleva dire qualificazione alle semifinali. Nel secondo tempo supplementare, quando invece doveva giocare per conservare quel vantaggio, è tornato quel blocco mentale che ha permesso ai norvegesi di prendere coraggio e ottenere il gol che poi ha portato alla lotteria dei calci di rigore.