I fatti, i personaggi e le gare più importanti che hanno caratterizzato la storia della Lazio il 2 maggio. Un compleanno speciale, di un dirigente discusso e rimpianto
Discusso, criticato, contestato, ma poi apprezzato e rimpianto. Un direttore sportivo che ha lavorato quasi esclusivamente nell’ombra, senza rilasciare dichiarazioni e senza apparire. Un dirigente che ha accompagnato il patron biancoceleste nei primi giorni della sua avventura alla guida della società, e che ha saputo muoversi tra enormi difficoltà e situazioni complicate.
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Il due maggio del 1955 nasce a Marsciano Walter Sabatini. Un uomo che ha speso tutta la sua vita nel mondo del calcio. Prima da calciatore (vestendo le maglie di Perugia, Varese, Roma, Vicenza, Venezia, Parma e Pro Patria), poi da dirigente. Nel 1992 entra alla Lazio, diventando il responsabile del settore giovanile biancoceleste: per due anni gestisce i ragazzi biancocelesti insieme a Giuseppe Dossena. A distanza di due anni, torna a lavorare per il club biancoceleste.
2 maggio 1955, tanti auguri a Walter Sabatini
Walter Sabatini arriva alla Lazio ad agosto del 2004, pochi mesi dopo l’approdo del presidente Lotito in società. Il patron biancoceleste, arrivato alla guida del club a Luglio, si ritrova alla fine del mercato con una marea di operazioni da realizzare. La Lazio si ritrova con una rosa scarna e con delle necessità incombenti. Sabatini viene scelto da Lotito per creare la squadra chiamata ad affrontare una stagione complicata e difficile. Il nuovo dirigente lo accompagna nel suo progetto di rilancio della società biancoceleste. Il primo contatto tra Sabatini e Lotito risale al famoso 31 agosto del 2004, giorno in cui il presidente della Lazio chiude i famosi “nove acquisti in un giorno”.

Sabatini coadiuva Lotito nelle operazioni e inizia una collaborazione che si trasformerà presto in un vero e proprio incarico dirigenziale. Da quel momento è al fianco di Lotito in tutte le trattative, nonostante il suo lavoro non venga gratificato né da un punto di vista dell’immagine (Sabatini infatti sfugge a qualsiasi intervista, dichiarazione o commento), né attraverso l’ufficialità dell’incarico svolto. Il suo nome infatti non compare né sul sito della società, né in qualsiasi organigramma ufficiale. Sabatini è il Direttore Sportivo della Lazio, lavora e spende ogni secondo della sua giornata lavorativa per i colori biancocelesti, ma nessuno lo sa. O meglio, nessuno può saperlo ufficialmente.
Sabatini e i motivi del silenzio
Il motivo lo spiega al termine della sua avventura biancoceleste. A giugno del 2008, dopo quattro stagioni intense, Sabatini decide di non rinnovare il suo contratto con la Lazio e di lasciare la capitale. “Prima di venire alla Lazio stavo scontando una squalifica per il tesseramento di un calciatore extracomunitario. Una squalifica politica, come mi ricordava il Capo dell’Ufficio Indagini di allora, che ho incontrato il giorno del processo a Delio Rossi. E loro si vergognano ancora di quella condanna, arrivata in un momento politico particolare, dove si intendeva colpire maggiormente lo sfruttamento del lavoro minorile e quindi alla Federazione era stata richiesta una vittima dal sistema politico”.

“Io fui una sorta di capro espiatorio. Nel periodo della mia squalifica ho iniziato a stare zitto ed è diventata un’abitudine. Ho pensato che stare zitti non era male, anche se mi sono reso conto che alla Lazio a volte sarebbe servito un intervento pubblico, per dirimere alcune questioni e per creare una dinamica diversa. A volte sarebbe stato utile parlare ai giocatori tramite la stampa perchè sarebbero stati rafforzati alcuni concetti”.
Il consiglio a Lotito
Sabatini, insieme ad Igli Tare, che lo ha sostituito nel ruolo di direttore sportivo del club biancoceleste è un uomo che conosce alla perfezione pregi, difetti e sfumature del carattere di Lotito. E’ uno dei pochi dirigenti ad averlo accompagnato nel suo progetto di rilancio della società biancoceleste, e a conoscere ogni singolo dettaglio degli anni più controversi, difficili e burrascosi della società romana. Quando alla fine della sua avventura alla Lazio gli viene chiesto un consiglio da girare a Lotito (che era al centro di una contestazione veemente), risponde con sincerità: “Deve cominciare a parlare con la gente e soprattutto ascoltare la gente. Parlare ai tifosi come un comiziante non funziona”.

Poi, spiega con dovizia di particolari, il modo in cui si interfaccia con i suoi collaboratori: “Ha una maniera molto particolare di ascoltare i consigli: li ascolta, li accantona, li mette da parte e poi li va a ripescare appropriandosene. Magari sei mesi dopo senti che ti dice una cosa che tu gli avevi detto in precedenza, sfruttando la sua straordinaria capacità di memoria. In prima battuta sembrerebbe che non ti sta neanche a sentire, ma poi ti rendi conto che assorbe quel che tu gli hai consigliato, sfruttandolo nei tempi e nei modi che stabilisce lui”.