Lazio-Reggina e Perugia-Juve: quando i sogni diventano realtà

Il racconto di una giornata indimenticabile, vissuta tra sogni, speranze, ansie e conclusa nell’entusiasmo di una città che esplode di gioia. A mezzo secolo

Venticinque anni dallo scudetto più bello, intenso e per certi versi pazzo, che il mondo del calcio italiano ha potuto vivere. Il 14 maggio del 2000, la Lazio batte la Reggina allo stadio Olimpico ed approfitta della sconfitta della Juve a Perugia per conquistare il secondo titolo della sua storia. A mezzo secolo di distanza da quella giornata speciale, riviviamo quei momenti, nel racconto di chi li ha vissuti da spettatore protagonista.

Lazio scudetto
Lazio-Reggina e Perugia-Juve: quando i sogni diventano realtà – lalazio.com –

Il secondo scudetto della Lazio inizia a cucirsi sulle maglie biancocelesti all’indomani del più grande scandalo della storia del calcio italiano. Il sette maggio del 2000, l’arbitro De Santis annulla inspiegabilmente una rete a Cannavaro, difensore e capitano del Parma, nei minuti finali di Juventus-Parma. Una rete valida: in area bianconera non era successo nulla di rilevante. Se quel gol fosse stato convalidato, la Lazio avrebbe agganciato la Juve in testa alla classifica, alla vigilia dell’ultima giornata.

Una settimana complicata: la minaccia di Gaucci

Nella settimana che precede l’ultimo turno accade di tutto: mentre Cragnotti indice una conferenza stampa (insieme al portiere Marchegiani, uno dei senatori della squadra) nella quale manifesta tutto il suo disappunto, gli ultras della curva nord fanno sentire la loro insoddisfazione: bloccano una tappa del giro d’Italia che passava nella capitale, protestano vivacemente (forse anche in maniera troppo energica) sotto la sede della Federazione Italiana Gioco Calcio in via Allegri, e la mattina di Lazio-Reggina, ultima giornata di campionato, danno vita al funerale del calcio italiano, entrando allo stadio quindici minuti dopo il calcio d’inizio. La Juventus scende a Perugia. Non sa ancora che sta per essere spettatrice non pagante di una delle pagine più clamorose della storia del calcio italiano.

Gaucci tifosi Lazio
Una settimana complicata: la minaccia di Gaucci – lalazio.com

I tifosi laziali nutrono poche speranze: in primo luogo per il valore della Juventus, considerata nettamente più forte della squadra umbra. Poi perché dal Perugia non si attendono favori: nell’ultima giornata del campionato precedente, infatti, i biancorossi avevano lasciato ampie praterie al Milan, nonostante non fossero ancora certi della salvezza, mostrandosi tutt’altro che grintosi al cospetto dei rossoneri, che vincendo 2-1 batterono allo sprint la Lazio. In più, particolare di non poco conto, il Perugia è gestita da due accesi tifosi romanisti: Carlo Mazzone in panchina e Luciano Gaucci in tribuna. Tra i sostenitori biancocelesti è pensiero comune che i due uomini di spicco del club umbro vogliano evitare favori alla Lazio. Ma il calcio è bello perché in novanta minuti può sempre accadere di tutto, e spesso si nascondono storie e personaggi dallo spessore straordinario e dall’inaspettata virtù.

Mazzone prepara la partita come se fosse una gara decisiva. È un tecnico serio e non vuole lasciare ombre alle sue spalle. Anche perché sa benissimo che una débâcle dei suoi verrebbe giudicata nell’ottica delle sue simpatie giallorosse. Gaucci, invece, è ancor più chiaro nei confronti dei suoi giocatori. Durante la settimana si presenta agli allenamenti e il discorso che fa alla squadra suona più o meno così. «Io sono romano, vivo almeno quattro o cinque giorni alla settimana nella capitale e se per il secondo anno consecutivo i laziali mi accusano di avergli fatto perdere lo scudetto, a Roma non ci torno più. Giocatevi la partita. Se dovessi vedere che ve la giocate contro voglia, mando tutti in ritiro».

Inzaghi e Veron lanciano la Lazio, a Perugia inizia a piovere

Il 14 maggio 2000 più di sessantamila laziali vanno allo stadio per salutare e ringraziare la squadra impegnata, nell’ultima giornata di campionato, contro la Reggina, squadra rivelazione dell’anno, guidata a centrocampo dalla coppia Pirlo-Baronio. Pochi immaginano di vivere una giornata epica. I biancocelesti attaccano, ma non sfondano. Ci vuole un’invenzione del solito Mancini per sbloccare l’incontro. Il numero 10 ha già annunciato che quella contro i calabresi sarà la sua ultima gara da calciatore. Dopo mezz’ora s’invola sulla sinistra, salta un uomo e spedisce il pallone al centro per Inzaghi; il suo colpo di testa viene deviato dal braccio del reggino Brevi: rigore!

Qualche secondo per decidere chi deve battere, tra Inzaghino e Verón, ed esecuzione magistrale dell’attaccante. Per il rigore di Verón bisogna attendere solo pochi minuti: il tempo che Pancaro impiega per involarsi sulla destra ed essere steso in area. L’argentino realizza con freddezza. Squadre all’intervallo. Lazio-Reggina 2-0, Perugia-Juventus 0-0. A quarantacinque minuti dalla fine del campionato, Lazio e Juventus sono appaiate in testa alla classifica.

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Inzaghi e Veron lanciano la Lazio, a Perugia inizia a piovere – lalazio.com

I più ottimisti sognano lo spareggio. Nessuno immagina di uscire dall’Olimpico in lacrime, con il tricolore sotto braccio. Sulla capitale e sul resto d’Italia batte un sole cocente. Anzi, su quasi tutta la penisola. Mentre i telegiornali mandano in onda le immagini delle spiagge siciliane prese per la prima volta d’assalto, a Perugia inizia a piovere. Una pioggia copiosa e inarrestabile, che allaga lo stadio Renato Curi. Al rientro dall’intervallo l’arbitro Collina prova a saggiare le condizioni del terreno di gioco, ma deve arrendersi all’evidenza: il pallone viene inghiottito dalle pozzanghere e non riesce a rimbalzare. L’arbitro viareggino è tra i migliori della serie A. Gli viene riconosciuto unanimemente polso, carattere e nessun timore reverenziale nei confronti delle big. Non ha problemi a rispondere in modo negativo alle sollecitazioni di Moggi, Ancelotti e Conte (direttore generale, allenatore e capitano bianconero) che chiedono a viva voce il rinvio.

Segna Simeone, a Perugia si riparte

Prova per due volte a far rimbalzare il pallone e attende che il gioco possa riominciare. In più, l’idea di prendersi la scena in un momento topico non gli dispiace affatto. Se tra i pregi del fischietto viareggino si annoverano infatti la bravura e il carattere, c’è chi vede il suo essere fin troppo personaggio un difetto. Mentre Collina prende tempo, a Roma la situazione diventa quasi insostenibile. I tifosi aspettano impazienti. L’arbitro Borriello aspetta indicazioni. In nome della regolarità (espressione che fa sorridere, visti i fatti della settimana precedente) deve attendere l’inizio della sfida di Perugia. Ma quando dall’alto lasciano intendere che la gara del Curi viaggia verso il rinvio, fa rientrare le squadre e dà il via alla ripresa.

Lazio-Reggina Simeone
Segna Simeone, a Perugia si riparte – lalazio.com

I quarantacinque minuti successivi regalano un vortice di emozioni: il “classico” gol di Simeone, l’addio al calcio di Roberto Mancini al quale Eriksson concede la standing ovation, la prima invasione di campo di qualche sostenitore fin troppo esaltato. «Per lo meno saremo in testa alla classifica per un paio di giorni», scherza qualche tifoso. Tutti iniziano a ipotizzare le date del possibile recupero tra Perugia e Juventus. «Ma ripartono dall’inizio o dal secondo tempo?». La domanda non trova risposta. Quando al fischio finale di Borriello mancano pochi minuti, i fortunati possessori di radioline ascoltano l’intervento del cronista da Perugia. «Il sopralluogo di Collina ha avuto successo. L’arbitro ha dato l’ok. Tra poco si riparte dal parziale di zero a zero».

Un boato pazzesco: il sogno si avvicina

Incredibile. Mai nella storia uno scudetto ha dovuto attendere un epilogo così incerto e stressante. Dopo pochi minuti dalla fine di Lazio-Reggina, a Perugia riprende il gioco. Che fare ora? Si chiedono i tifosi. Restare allo stadio o provare a tornare a casa per vedere la ripresa del Curi? Neanche il tempo di porsi la domanda che l’Olimpico esplode. Un boato fragoroso, violento, mai vissuto. Un urlo da brividi. Un’esultanza da pelle d’oca. Forse il momento più emozionante di tutta una vita calcistica. Chi possiede le radioline sa perfettamente cosa è successo. Gli altri ci mettono pochi istanti a capirlo e a condividere la gioia. Il Perugia ha sbloccato il risultato. Un attimo e il tabellone dello stadio Olimpico certifica la notizia: Perugia-Juventus 1-0, Cappioli. Con Mazzone in panchina e Gaucci in tribuna, un gol di un altro ex romanista sarebbe stato davvero troppo. In realtà la rete è siglata da Calori.

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Un boato pazzesco: il sogno si avvicina – lalazio.com

Ma in quel momento assegnare la paternità di uno dei gol più importanti della storia laziale è l’ultimo dei pensieri dei tifosi. «Quanto manca?», si chiedono in coro. Purtroppo ancora tantissimo. Lo speaker dello stadio invita tutti i tifosi a rimanere sugli spalti. «Stiamo cercando di mettere sul tabellone le immagini della partita di Perugia», annuncia. C’è chi esulta, chi impreca. Chi, considerando il fattore scaramantico, non vorrebbe cambiare nulla di quanto accaduto fino ad allora. «Se sta andando tutto bene non toccate nulla. Non mandate le immagini». Si vive in questa incertezza per più di mezz’ora. Alcuni tifosi lasciano il proprio posto ed entrano in campo per prelevare qualche ricordo: un pezzo della rete, una zolla di campo. Altri, nervosamente, iniziano a salire e a scendere dagli spalti per entrare in campo. L’Olimpico intanto si è riempito ancora di più. Molti tifosi infatti sono arrivati al termine della gara per vivere le emozioni di un giorno indimenticabile.

Sono le 18 e quattro minuti del quattordici maggio del duemila…

A dieci minuti dalla fine un nuovo boato. Meno fragoroso del primo, ma ugualmente intenso. La Juventus resta in dieci per l’espulsione di Zambrotta. Anche chi fino ad allora non ha neanche sognato di pronunciare quella fatidica parola inizia a sognare lo scudetto. Un tifoso a centrocampo abbraccia il papà, con il quale ha seguito tutte le gare di questa intensa stagione. I due si fanno coraggio a vicenda e decidono di tornare sugli spalti, nella stessa posizione da cui hanno assistito insieme a tutte le gare di campionato. «Se deve succedere, dobbiamo essere al nostro posto». Dall’altoparlante intanto arriva la radiocronaca della partita. Impossibilitati a mandare in onda le immagini sul maxischermo, si è deciso per un modo più rustico, ma altrettanto emozionante, di vivere i concitati minuti finali. Il racconto del cronista di Radio Uno, Riccardo Cucchi, diventa il compagno più fedele dei presenti.

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Sono le 18 e quattro minuti del quattordici maggio del duemila… – lalazio.com

A un certo punto il cuore dell’Olimpico si ferma. Cucchi nel descrivere un’azione della Juve dichiara: «Gol sbagliato». Almeno il cinquanta per cento dei tifosi ci mette qualche secondo di troppo per abbinare la parola sbagliato a gol. Molti avevano creduto al pareggio dei bianconeri. Scampato il pericolo, l’urlo dello stadio diventa ancora più forte. «Mancano pochi minuti alla fine, la Lazio è vicina al suo secondo scudetto». Le reazioni sono diverse: chi esulta, chi piange a dirotto, chi si blocca come se realmente si fosse accorto di ciò che sta per accadere e chi, scaramanticamente, manda al diavolo il cronista Rai per avere pronunciato una frase tabù. Pochi istanti e i sogni diventano realtà. Collina fischia la fine. «Mentre in questo istante Collina dichiara concluso il confronto. Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000, la Lazio è campione d’Italia».

I ricordi di una giornata unica: la Lazio è campione d’Italia

Ancora oggi, a distanza di 25 anni, la mia mente fa fatica a ricordare il momento esatto in cui le parole di Cucchi vennero soffocate dall’urlo di un intero popolo. A Perugia la Juventus è crollata, regalando alla Lazio il suo secondo scudetto. Il più bello. Il più emozionante. L’Olimpico sembra quasi sollevarsi da terra, tanto è l’entusiasmo e l’esultanza. Nesta prende il microfono in mano e inizia a intonare i cori della curva nord. Il tabellone si colora di rosso bianco e verde. L’altoparlante irradia We are the champions. I tifosi vorrebbero restare nello stadio per un tempo illimitato. Le vie della città si colorano di biancoceleste. In serata più di trecentomila tifosi (l’anno successivo in egual misura e negli stessi spazi i romanisti presenti verranno quantificati in cinque milioni) riempirono il Circo Massimo. Una festa impressionante.

Circo Massimo Lazio
I ricordi di una giornata unica: la Lazio è campione d’Italia – lalazio.com

Un calore incredibile. I laziali arrivano da ogni parte. C’è voglia di festeggiare, di gridare al mondo la soddisfazione di aver gettato alle spalle anni di sofferenze e di polemiche. Di ingiustizie e soprusi. A un certo punto arriva anche il pullman della squadra. All’interno i giocatori, i dirigenti e tutti i componenti dello staff. L’irrefrenabile gioia, la mancanza di un protocollo organizzativo (che in ricordo di quello preparato e cestinato la stagione precedente, non viene scaramanticamente curato alla vigilia) e il numero crescente di tifosi costrinsero il pullman a fare retromarcia. I giocatori si limitano a riprendere con le loro telecamere (ancora non esistevano i cellulari muniti di videocamere professionali) scene di delirio collettivo delle quali furono piacevoli spettatori. Nei giorni successivi si moltiplicano feste, eventi e ricorrenze per festeggiare il titolo.

 

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