I fatti, i personaggi e le gare più emozionanti che si sono disputate il 28 maggio nella storia biancoceleste. Un giorno contrassegnato da un grave fatto di cronaca
Una notizia improvvisa. Un lutto inatteso, del quale si è venuti a conoscenza pochi istanti prima del calcio d’inizio di una gara. Per un uomo che ha passato gran parte della sua esistenza al fianco della Lazio: prima come semplice tifoso, poi come dirigente, piccolo azionista e infine come uomo di rappresentanza, era normale seguire la squadra biancoceleste in ogni trasferta. ANche nelle città più lontane.
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Il 28 maggio del 1995 si spegne a Foggia Mario Di Cola, dirigente della Lazio di Giorgio Chinaglia, uomo di rappresentanza, azionista e memoria storica del club. Quel giorno i biancocelesti erano impegnati in Puglia contro i rossoneri, per la penultima giornata di campionato. Di Cola era presente al fianco della Lazio. Come sempre. Non perdeva mai una gara. Era amico e confidente dei calciatori e si è spento per un malore improvviso mentre era in taxi, in direzione dello stadio.
28 maggio 1995, la vittoria dedicata a Di Cola
I giocatori della Lazio hanno saputo della sua scomparsa al termine della gara contro i rossoneri, vinta per 1-0 grazie ad un gol segnato da Beppe Signori su calcio di punizione. “Dedichiamo a lui questa vittoria, era un amico per tutti noi. Di fronte a notizie come questa, il calcio passa in secondo piano”, le parole del bomber biancoceleste nello spogliatoio dello stadio Zaccheria. I biancocelesti battono il Foggia e compiono un passo importante verso la seconda posizione in classifica.

La vittoria contro i rossoneri è decisiva per la retrocessione dei pugliesi tra i cadetti. E’ paradossale che, a dare il colpo di grazie ai satanelli siano stati Beppe Signori e Zdenek Zeman, due ex molto amati dai tifosi. Stessa identica situazione che si verificò ventuno anni prima, quando (il 12 maggio del 1974) la Lazio di Maestrelli e Re Cecconi sconfigge il Foggia (dove erano cresciuti), portando lo scudetto nella capitale, ma portando tra i cadetti i pugliesi.
Addio al portiere goleador
Il 28 maggio del 2020 muore Aldo Nardin, ex portiere che ha vestito la maglia della Lazio nei primi anni ottanta. Oltre quarant’anni prima di Ivan Provedel, Nardin si mise in evidenza per un episodio molto particolare. Il numero uno fa parte di una ristretta cerchia di privilegiati. Una sorta di club esclusivo, che in Italia vede pochissimi iscritti: i portieri goleador. Il primo a farne parte, quasi una sorta di padre fondatore di questa loggia, fu Lucidio Sentimenti, goleador infallibile dal dischetto, capace di andare in goal anche con la maglia biancoceleste. Poi, diversi anni dopo, toccò a Michelangelo Rampulla, risolvere a favore della sua Cremonese, una mischia nei secondi finali del match contro l’Atalanta, portando i suoi compagni al pareggio. Era il 1992. Dieci anni più tardi fu Massimo Taibi ad andare a segno nel recupero di Udinese-Reggina, regalando ai calabresi il punto del pari. Anche Toldo fu tra i protagonisti di un Inter-Juventus dell’ottobre 1992. Il portiere neroazzurro calciò alle spalle del collega Buffon il pallone del pareggio, ma le statistiche regalarono a Bobo Vieri il goal, vedendo un ultimo tocco del centravanti, dopo la prima conclusione del portiere.

Nella Lazio degli ultimi anni ha militato anche Berisha, che in Svezia ha avuto la freddezza di calciare (con successo) diversi calci di rigore. Nardin salì alla ribalta il 2 aprile 1983, durante la gara tra il Civitavecchia e l’Imperia. L’estremo difensore calciò un rinvio che il forte vento di libeccio (le cronache dell’epoca ipotizzano soffiasse a 35 km/h) trasformò in una parabola imprendibile per l’estremo difensore ligure. Un goal casuale, non voluto, che permette all’ex portiere di Lazio, Napoli, Varese e Arezzo di essere ancora oggi menzionato sui libri calcistici. Dopo lui è toccato ad Ivan Provedel, nel finale della sfida tra Lazio e Atletico Madrid in Champions League.