Il giovane difensore biancoceleste arrivato nel mercato di gennaio a Roma dal ritiro della nazionale danese Under 21 ha raccontato i primi sei mesi nella Capitale
Belahyane, Ibrahimovic e Provstgaard. Questi sono stati, alla chiusura della sessione invernale di calciomercato di fine gennaio, i rinforzi che la società aveva messo a disposizione del tecnico Marco Baroni per proseguire la galoppata biancoceleste, che in quel momento la vedeva in piena corsa per un posto europeo in campionato e in attesa di affrontare la fase a eliminazione diretta dell’Europa League. Come è andata a finire purtroppo i tifosi della Lazio lo sanno bene e non certo per colpa dei tre arrivati a gennaio, tutti impiegati con il contagocce da un tecnico che oramai aveva scelto i suoi 14/15 giocatori con cui provare a concludere al meglio la stagione.

Due sole presenze per un totale di 33 minuti. Questa è stata la prima avventura di Oliver Provstgaard. Il giovane difensore che la Lazio ha prelevato dal Vejle, una delle squadre più in vista del campionato danese, per rinforzare ringiovanendolo il reparto arretrato biancoceleste. Due presenze, entrambe in trasferta a Bergamo e a Empoli, due partite e due vittorie, almeno possiamo considerarlo un portafortuna. Ma i tifosi sono rimasti impressionati da quei minuti finali al “Castellani“, quando con la testa fasciata per un violento scontro aereo con un avversario, non ha esitato a continuare a duellare nonostante quel vistoso turbante.
La scelta giusta
Prima di esordire con una vittoria insieme alla sua nazionale Under 21, nell’Europeo di categoria, il giovane difensore ha raccontato a una televisione locale tutte le sue emozioni per essere arrivato a Roma, nella Lazio e nel campionato italiano. “Sono in forma, non mi sono mai sentito così bene. Sono arrivato alla Lazio con un obiettivo, ovvero quello di diventare un calciatore migliore a prescindere dal minutaggio. Gioco in una posizione in cui non si cambia molto durante le partite, e ne sono consapevole. Bisogna avere la testa a posto ed essere realisti. Sono davvero contento di aver trascorso 3-4 buoni mesi a Roma, dove mi sono ambientato, ho imparato la lingua e il modo di fare le cose. Io sono sempre consapevole delle mie qualità. Non ho giocato molto in un club importante come quello in cui sono finito, ma sapevo benissimo che sarebbe stato così quando sono arrivato. Sono sempre stato sicuro che per me fosse il piano giusto a lungo termine”.

Non deve essere stato per niente facile per un giovane del nord Europa mollare tutto per trasferirsi a Roma e provare a farsi conoscere nella Serie A italiana. Isaksen lo ha aiutato a inserirsi, a capire la città e il calcio italiano, ma ugualmente tutto è stato tremendamente diverso e difficile, ma anche tremendamente stimolante.
Il futuro gli appartiene
Questi mesi sono stati sicuramente di apprendistato, una full immersion in una dimensione totalmente differente che adesso avrà per forza di cose uno step in avanti importante: Maurizio Sarri in panchina pronto a spiegare a lui e ai suoi compagni come tornare a blindare la retroguardia biancoceleste. “Ho avuto un ottimo colloquio con la società della Lazio sul fatto che avrei dovuto migliorare il mio modo di difendere in Serie A. Credo decisamente di esserci già riuscito. Sono più bravo a usare la mia stazza che è molto importante quando si gioca ad alti livelli.

O almeno in Italia, dove il fisico conta molto di più che in Danimarca. Sento di essermi ambientato bene a Roma, mi hanno accolto alla grande. E soprattutto sento di meritare di essere alla Lazio. Sono super contento di come sta andando”. Oliver cercherà di arrivare più lontano possibile con la sua Danimarca, poi sarà tempo di vacanze, prima di tuffarsi nella seconda avventura con l’aquila sul petto.