Una bambina di undici anni viene allontanata dal proprietario di un ristorante di Pescara perchè indossava cappello e maglia della Lazio: il web si indigna. E il club biancoceleste…
“La storia che è accaduta a mia figlia è allucinante”. Inizia così il racconto di Carlo, che sui social network ha raccontato la sua disavventura accaduta a Pescara nello scorso Weekend. Era con la moglie Tizana e le figlie: dopo una giornata al mare, cercando di trovare un minimo di sollievo alle temperature torride che si erano abbattute sull’intera penisola, la famiglia ha cercato un ristorante dove poter mangiare.
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Dopo nove chilometri in bici, la scelta ricade su un locale, che aveva attirato la loro attenzione. “Notiamo subito il proprietario che ci guardava con occhi malefici e borbottava. Da lontano ci invita a spostare le bici da lì perché di colore celeste, abbiamo sorriso e mentre finivano di mettere i lucchetti alle bici, nostra figlia si avvicina all’ ingresso del ristorante e il gentiluomo le dice che non può entrare nel suo locale perchè indossava un cappello e la maglia della S.S. Lazio”.
“Se togli quella maglia puoi entrare, altrimenti no”
Carlo e la sua famiglia pensavano ad uno scherzo: la figlia Emma, undici anni, sorride, immaginando che si trattasse di una battuta: “Noi ancora con il sorriso ci avviciniamo e il tizio non perde tempo davanti a tutti i suoi clienti di ripetere ancora una volta, con fare da grandissimo cafone, che potevamo entrare solo se la bambina si fosse tolta il cappellino e la maglietta”. Una scena assurda: incommentabile.

Figlia, probabilmente, dell’accesa rivalità che negli anni scorsi c’è stata tra le tifoserie di Lazio e Pescara, e che tra la fine degli anni settanta e i primi anni novanta ha portato a contatti e scontri in occasione delle gare tra i due club. Ma Emma e la sua famiglia, non meritavano di vivere una situazione del genere. E di fronte all’atteggiamento assunto dal proprietario del locale, decidono di prendere e andarsene: “Non merita i nostri soldi ma merita di sentire il bisogno di lavorare”, ha ribadito Carlo sul suo profilo Facebook.
Il messaggio della Lazio e la risposta del Pescara
Immediate le reazioni di sdegno sui social. Tra pescaresi che si scusano a nome della città e persone che nulla hanno a che vedere con il mondo del calcio che prendono immediatemente le distanze condannando le decisioni dell’uomo, arriva anche la presa di posizione della Lazio. Il club biancoceleste, informato dell’accaduto, ha scritto alla piccola Emma un messaggio social. “Cara Emma, abbiamo letto la tua storia e ci ha colpito profondamente. Non riusciamo nemmeno a immaginare quanto sia stato brutto sentirsi dire di non poter entrare in un locale solo perché indossavi con orgoglio il cappellino e una maglietta con i colori della tua amata Lazio. Per questo, abbiamo pensato di invitarti a Formello, nel cuore della nostra casa, per stare insieme alla squadra, allo staff e a chi lavora ogni giorno per rendere speciale questa maglia. Sarai la benvenuta perchè chi ama la Lazio è parte integrante della nostra storia. Ti aspettiamo a braccia aperte. Con affetto, S.S. Lazio”.
Cara Emma,
abbiamo letto la tua storia e ci ha colpito profondamente. Non riusciamo nemmeno a immaginare quanto sia stato brutto sentirsi dire di non poter entrare in un locale solo perché indossavi con orgoglio il cappellino e una maglietta con i colori della tua amata Lazio.… pic.twitter.com/Tnta4YLsMM
— S.S.Lazio (@OfficialSSLazio) July 1, 2025
Anche il Pescara ha preso posizione. Il club abruzzese si è dissociato dalla scelta del proprietario del locale: “Abbiamo appreso quanto accaduto alla vostra giovane tifosa. Negare l’ingresso in un locale della nostra città a una bambina per la sua fede calcistica è un gesto che non ha alcuna giustificazione. Cara Emma, ci dispiace per ciò che hai vissuto”.