Maurizio Sarri riparte dalla Lazio con una sfida impegnativa: stessa rosa, zero acquisti, ma tanta voglia di ricostruire un’identità smarrita. Il Comandante è tornato.
Un foglio bianco, una penna tra le dita e un’idea fissa in testa: ricostruire. È con questo spirito – come riportato nell’edizione odierna del Corriere dello Sport – che Maurizio Sarri ha deciso di riprendere in mano la Lazio. Non una semplice panchina riconquistata, ma una scelta di cuore, orgoglio e ambizione. Dopo un anno e mezzo dalle dimissioni, dopo aver lasciato nel marzo 2024 con il volto provato, il Comandante è tornato al timone.

In mezzo, il passaggio lampo di Igor Tudor nel finale della stagione 2023/24 e il ciclo completo, ma senza gloria, di Marco Baroni nell’annata appena conclusa. Un’avventura spenta, senza qualificazioni europee né prospettive definite. E così, mentre la delusione si allungava come un’ombra su Formello, il filo con Mau si è riallacciato. In silenzio, con discrezione, e poi con concretezza. Fino al ritorno, quello vero.
Sarri ha accettato una sfida tutt’altro che comoda: ripartire da una rosa praticamente identica a quella dello scorso anno, con un mercato immobile e margini operativi ridotti. Nessun volto nuovo, zero innesti, solo rientri dai prestiti e tanti interrogativi. Eppure ha detto sì. Lo ha fatto conoscendo bene i confini del progetto, consapevole che servirà tempo per costruire, che le prime settimane saranno dedicate soprattutto a ripulire l’ambiente, rigenerare lo spogliatoio, riallacciare energie. Perché la Lazio, nel suo modo di pensare calcio, è ancora terreno fertile. Da coltivare, non da abbandonare.
Sarri non ha mai inseguito rivoluzioni. Ha sempre lavorato per trasformazioni. Le sue squadre cambiano volto col tempo, ma seguendo un’idea chiara. Ed è proprio questo che oggi vuole restituire alla Lazio: un’identità perduta, una fisionomia di gioco che da due stagioni si è progressivamente dissolta sotto il peso delle incertezze. La Lazio di Baroni, pur ordinata e volenterosa, ha smarrito la bellezza e la concretezza che i tifosi avevano respirato con Sarri nella sua prima era.
Ora, l’obiettivo è tornare a essere squadra. Non solo una formazione. Il riferimento tattico sarà ancora il 4-3-3, ma con interpretazioni più flessibili. L’intenzione è risalire il campo con più velocità, evitare il possesso sterile, creare superiorità con tagli e inserimenti. Servono gamba, coraggio, verticalità. Ma se il sistema è già disegnato, i protagonisti restano da definire.
La nuova Lazio di Sarri prende forma
L’attacco è il reparto più esposto ai dubbi. Castellanos si candida con forza: l’argentino è stato uno dei pochi a crescere sotto Baroni, ha chiuso la stagione con 14 reti complessive nonostante un infortunio e ha dimostrato duttilità e spirito. Sarri lo stima, lo considera un attaccante con ampi margini. È un punto di ripartenza, almeno finché il mercato non si sbloccherà.

Boulaye Dia è invece un’incognita: se starà bene sarà valutato da centravanti puro, ma tra Coppa d’Africa e possibili offerte, nulla è garantito. Sulla sinistra non ci sono dubbi: Zaccagni resta il padrone della corsia. A destra, invece, sarà Isaksen a giocarsi la grande occasione. Dovrà dimostrare di essere un giocatore diverso rispetto al primo impatto, dando continuità a quei due mesi da “top player” vissuti con Baroni. La sua capacità di saltare l’uomo e attaccare la profondità potrebbe diventare una delle chiavi tattiche della nuova Lazio.
Nel cuore del gioco, dove Sarri costruisce la sua architettura, si aprono scenari interessanti. Rovella sarà il regista titolare: ha tecnica, visione, margini. Il ritorno del Comandante potrebbe accenderlo, anche in un calcio più verticale. Guendouzi è una certezza: corsa, carattere e presenza. L’altra mezzala è il nodo da sciogliere. Sarri dovrà plasmare Dele-Bashiru, oggi avanti nelle gerarchie rispetto a Vecino (confermato) e Cataldi (rientrato).
In quel ruolo, un innesto vero serviva: un uomo capace di dare ritmo e geometria, di collegare i reparti. Il blocco del mercato ha cambiato i piani. Dietro, però, ci sono basi solide: Provedel, Romagnoli e Gila formano la spina dorsale. Il portiere dovrà però giocarsi il posto con Mandas, mentre Romagnoli resta il leader della retroguardia.
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Gila ha conquistato fiducia e spazio. Il danese Provstgaard sarà inserito gradualmente. Patric e Gigot completano il reparto: il primo è reduce da un intervento alla caviglia, il secondo sarà testato da Sarri in ritiro. Sulle fasce, Marusic e Nuno Tavares partono avanti. Lazzari e Pellegrini proveranno a scalzare le gerarchie, con Hysaj pronto da jolly. Anche qui, però, potrebbero esserci movimenti in uscita.