Serviva solo vincere per provare il colpo grosso di centrare la qualificazione in Champions League, invece contro la Juventus arriva l’ennesimo pareggio agguantato nei minuti finali
Era praticamente uno spareggio per l’Europa quello tra Lazio e Juventus, una partita che a solo 270 minuti dal termine del campionato poteva dare la spinta giusta per giocarsi fino in fondo tutte le possibilità di conquistare quel piazzamento che potrebbe ancora dire coppa dalle grandi orecchie, ma che presumibilmente rischia di compromettere del tutta la partecipazione europea del prossimo anno. Perchè, al termine di una gara ancora una volta rocambolesca, gli uomini di Baroni acciuffano un punto all’ultimo giro d’orologio, comunque meritato, ma che lascia come sempre l’amaro in bocca dell’ennesima occasione perduta.

Una squadra strana, davvero difficile da capire. Una squadra che sa solo vincere in trasferta, mentre in casa nelle ultime 10 partite ha praticamente sempre pareggiato. Un cammino particolare che non fa neanche capire dove finiscono i meriti per aver riagguantato più volte il risultato nei minuti finali delle partite e dove cominciano i demeriti per essere ogni volta costretti agli assalti furibondi, ai finali all’arrembaggio per riprendere partite compromesse da troppi errori.
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Un merito o un demerito?
La Lazio ancora una volta non riesce a vincere tra le mura amiche, ancora una volta non riesce a dare la giusta soddisfazione a un popolo che con passione e abnegazione l’ha accompagnata in questo percorso difficile di rinascita dopo la campagna acquisti e cessioni che quest’estate ha caratterizzato il nuovo ciclo voluto dalla società. A due giornate dalla fine i biancocelesti avrebbero ancora delle chance di entrare in Champions League, hanno ancora buone probabilità di giocare in Europa il prossimo anno, un campionato quindi che dovrebbe essere giudicato in maniera positiva per come era partito, ma c’è la grande sensazione di aver perso una grande possibilità.

Troppi i pareggi casalinghi, troppi i punti gettati al vento in casa, con partite più o meno fotocopie l’una dell’altra. Anche ieri l’1-1 contro la Juventus matura con il solito andamento, una partita prima quasi gettata via per aver affrontato i primi minuti o del primo tempo o del secondo tempo, consegnandosi all’avversario che trova così quel gol che poi costringe a quei finali tutto cuore, quei finali arrembanti che portano a rimontare nei minuti conclusivi, rimanendo a metà del guado tra una sensazione di soddisfazione per lo scampato pericolo di una sconfitta e l’ennesima occasione gettata via.
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Tanti gol nei minuti di recupero
Troppe partite gestite male che hanno poi costretto alle rimonte. Questo il vero dato che la società e lo staff tecnico devono analizzare a fine stagione, il vero punto che si deve migliorare. In casa la Lazio ha vinto una sola partita nel 2025 a fronte di otto pareggi, tanti, troppi e tutti con più o meno la stessa modalità. Approcci molli, quasi assenti dal punto di vista nervoso sia a inizio partita sia nel secondo tempo, quando il tè nello spogliatoio dovrebbe servire a riordinare le idee, invece accade sistematicamente il contrario con ben 9 partite dove i biancocelesti subiscono un gol nei primi 5 minuti della ripresa.

Poi però va anche analizzato e dosato nel modo giusto il clamoroso dato dei tanti gol decisivi realizzati nei minuti finali della gara, molti addirittura nei secondi finali dei recuperi concessi dagli arbitri. Segno di una squadra che quando decide di spingere sull’acceleratore della disperazione diventa quasi irresistibile. Sono 3 i gol segnati al minuto 88 in stagione che hanno permesso di conquistare 5 punti: Marusic a Lecce, Dia con il Napoli e Pedro con il Parma, ma sono addirittura 5 quelli realizzati oltre il 90, nei minuti di recupero che hanno permesso di agguantare i tre punti in tre gare e di pareggiarne un altra, più il gol di Noslin al minuto 93 contro il Bodo/Glimt nei quarti di finale che aveva aperto le porte dei supplementari per quella che finirà poi con la beffa dei rigori.

Addirittura due vittorie storiche al minuto 98 in soli 4 giorni, a Milano contro il Milan grazie al rigore di Pedro, e quella di Plzen con l’eurogol di Isaksen negli ottavi di finale di EL addirittura in 9 contro 11. Una Lazio quindi dai due volti che in estate sarà chiamata a capire se resta una questione tecnica o mentale per prendere poi gli accorgimenti giusti e non rimanere più a metà tra la sensazione di gioia e di rabbia per l’ennesimo pareggio in rimonta.