La Lazio scioccata dalla sconfitta casalinga contro il Lecce nell’ultima giornata, che ha escluso dopo 8 anni i biancocelesti dalle competizioni europee, cerca di riordinare le idee per pianificare il futuro prossimo
Un momento davvero complicato. L’inaspettata, ma per questo non meno umiliante sconfitta casalinga subita in casa nell’ultima giornata contro i giallorossi salentini, impegnati nella lotta salvezza, ha scioccato l’intero ambiente biancoceleste che, nonostante una stagione partita tra mugugni e polemiche dopo la campagna acquisti e cessioni estiva, aveva comunque regalato alcuni momenti anche esaltanti. Una sconfitta però che ora condanna la Lazio a restare fuori dalle competizioni europee dopo otto partecipazioni consecutive, quando alla vigilia dell’ultima gara c’era ancora la matematica possibilità di acciuffare addirittura la Champions League, e poi a ripianificare un futuro dopo aver fallito quello che era stato considerato già il primo anno di una nuova fase.

Molto probabilmente queste sono ore decisive per il futuro della Lazio. Il presidente Lotito e il direttore sportivo Fabiani stanno riflettendo sulle mosse da fare per cercare di arginare questo momento di grosso scoramento, delusione e latente contestazione che ancora una volta ha coinvolto tutta la tifoseria. La prima scelta sarà quella sull’allenatore, sembra infatti giunta al capolinea l’avventura di Marco Baroni sulla panchina biancoceleste, dopo soltanto un anno e un lavoro di difficile interpretazione. 65 punti in campionato e una storica semifinale di Europa League, persa soltanto all’ultimo rigore della serie finale, potrebbero rappresentare comunque un buon biglietto da visita, ma pesa come un macigno il settimo posto finale che purtroppo quest’anno vuol dire la mancata qualificazione alle coppe.
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Sembrava l’inizio di una favola
Era il 28 maggio 2023, la Lazio, battendo all’ultimo minuto la Cremonese già retrocessa in casa per 3-2 grazie a un colpo di testa di Milinkovic Savic, guadagnava un incredibile secondo posto in classifica e una conseguente qualificazione per la Champions League. 70mila persone cantavano in estasi totale al fischio finale dell’arbitro tutta la propria gioia, tutto il proprio amore per quei colori che finalmente sembravano aver imboccato la strada giusta della crescita costante, con la speranza più che concreta di stabilirsi per bene, lassù, proprio dove volano le aquile. Molto di quel merito, è indubbio, spettava a Maurizio Sarri, arrivato due anni prima in sostituzione di Simone Inzaghi, chiamato sulla panchina della Lazio proprio per dimenticare la solita tempestosa oltre che poco chiara separazione da una delle figure più amate come quella dell’ex campione d’Italia.

Una scelta utopica fatta dalla società, in assoluta controtendenza sia dal punto di vista tecnico sia da quello economico, un allenatore già affermato, un divulgatore di calcio che ovunque era andato aveva vinto e fatto innamorare. Due anni dopo, 24 mesi soltanto quelli passati, e di quella la Lazio non esiste più nulla o meglio non esiste più nulla di quella visione, di quella speranza e di quei sogni. Disgregata dal punto di vista tecnico, umiliata dal risultato finale e di nuovo vinta dalla mancanza di un futuro migliore. Sembra il gioco dell’oca, siamo stati fermi un turno e anche senza passare dal via.
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Oggi l’ambiente è scioccato
Oggi, dopo la Caporetto biancoceleste di domenica scorsa, torna possibile un ritorno di Sarri sulla panchina biancoceleste. Il tecnico toscano, dopo quel fantastico secondo posto, l’anno successivo ha guidato la squadra fino agli ottavi di Champions League persi a Monaco di Baviera contro il Bayern, dopo aver vinto la gara d’andata, l’unico squillo di un’annata nata male e finita con le dimissioni a marzo, tra le solite iniziali incomprensioni di mercato e una voglia di lavorare, sperando sempre nei miracoli, venuta meno.

Oggi il tifoso della Lazio non ha più voglia di illudersi, sa perfettamente che non basterà neanche un eventuale ritorno del “Comandante” per sperare in un cambiamento di rotta e di modus operandi della società, sempre più alle prese con una spending rewiew che obbliga a vendere prima di comprare e continuare ad abbassare il monte ingaggi. Neanche Sarri riporterebbe il giusto entusiasmo nell’ambiente, eppure, anche in questa stagione, il laziale si è fidato del nuovo corso sbandierato dalla società, ha accettato le cessioni eccellenti di totem entrati nella storia del club, ha dimostrato con i numeri tutto il proprio attaccamento, ancora una volta però senza essere ricambiato. E figuriamoci se sulla panchina per il post Baroni invece che Sarri arrivasse addirittura un altro…