I fatti, i personaggi, le partite e i momenti più importanti vissuti dalla Lazio nella sua storia. L’8 giugno è il giorno in cui si ricorda una grande bandiera del club
Un uomo in grado di legare per sempre il suo nome a quello della Lazio, squadra con la quale ha vissuto stagioni intense: prima sul terreno di gioco e poi dietro la scrivania. L’8 giugno del 2019, il mondo biancoceleste piange la scomparsa di uno dei personaggi più amati da diverse generazioni di tifosi.
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Giocatore, capitano, uomo squadra e poi direttore sportivo in due occasioni separate. Nello Governato ha vissuto diverse “vite” all’interno della Lazio. Tutte da protagonista. Dopo aver giocato diverse stagioni con la maglia biancoceleste, Governato (soprannominato “Il Professore”) ha costruito insieme a Sergio Cragnotti, la squadra che nella stagione 99-00 ha trionfato in serie A, vincendo il secondo scudetto.
8 giugno, addio a Nello Governato: il professore
Per raccontare la storia di Nello Governato alla Lazio, bisogna fare un piccolo passo indietro. Siamo negli anni sessanta. Quelli del benessere e della ripresa economica. Mentre Fellini esce in tutti i cinema con la Dolce Vita e l’Italia si appresta a vivere un profondo cambiamento nella vita politica e sociale, per i tifosi biancocelesti il momento non è certo dei migliori. La Lazio infatti vive uno dei decenni più difficili della sua storia. I problemi economici attanagliano la società, costretta a cedere i suoi pezzi migliori per sopravvivere. Sono gli anni del passaggio di Selmosson alla Roma, della prima retrocessione in serie B e dei continui sali e scendi dalla massima serie, che anticipano la costruzione della squadra scudetto. In questi anni i tifosi si identificano in alcuni calciatori simbolo.

Tra questi “Il professore” Nello Governato. Arrivato a Roma a soli 22 anni, dopo una buona esperienza al Como, Governato entra subito nel cuore dei tifosi per la sua abnegazione in campo e lo spirito di sacrificio mostrato in ogni gara. Prima da centravanti e poi da mediano, Governato si mette in evidenza e diventa una pedina insostituibile per i vari tecnici che si susseguono sulla panchina biancoceleste. Con la maglia della Lazio gioca ben nove campionati, intervallati da una parentesi lontana dalla capitale. L’estate del 1966 la Lazio, in gravi difficoltà economiche e alla ricerca disperata di soldi freschi per sanare le casse societarie, lo cede all’Inter. Ma Governato, che in testa e nel cuore ha solo i colori biancocelesti si sente un pesce fuor d’acqua. Tanto che in breve tempo (dopo esser passato al Vicenza) riesce a convincere i dirigenti a lasciarlo tornare nella capitale. Il suo score parla chiaro: 253 presenze e 17 reti. Numeri che ne fanno una delle bandiere della squadra.
Il ritorno alla Lazio da dirigente
Quando nel 1972 (nonostante le avance di Maestrelli, che lo avrebbe voluto al suo fianco per gestire uno spogliatoio bollente) lascia la capitale, Governato non sa che quello è solo un arrivederci, perchè il destino torna a riunire la sua storia calcistica con quella laziale. E per altre tre volte. Prima negli anni 80′ quando Chinaglia torna al timone della società, poi con l’avvento di Cragnotti, che lo promuove a direttore sportivo e infine (dopo un anno passato a Firenze) nell’estate del 1999, quando insieme al patron biancoceleste costruisce la squadra destinata a vincere il secondo scudetto della storia laziale. Un traguardo che lo porta sempre di più nella storia del primo club della capitale.

Il fiore all’occhiello fu l’acquisto di Mancini: “Venni a sapere – disse in una delle sue ultime interviste – che Mancini era in scadenza con la Sampdoria e non aveva intenzione di rinnovare il suo contratto. Su di lui c’era in vantaggio l’Inter. Una volta informato Cragnotti, questi contattò direttamente Mancini e come sempre, in poche ore chiuse la trattativa. A quel punto lo stesso Mancini ci consigliò di portare a Roma anche Eriksson, che nel frattempo era in parola con una società inglese. Quando parlai con Cragnotti provai a convincerlo a confermare Zoff, che era subentrato a Zeman e stava facendo benissimo in panchina, ma a quel punto la trattativa con Eriksson era già a buon punto. Ricordo che lui ci consigliò subito l’acquisto di Veron e Mihajlovic. Disse a Cragnotti che con quei due avrebbe vinto lo scudetto e fu di parola”.