20 anni senza il tuo sorriso: l’ultimo ricordo del bomber più amato

Il 5 agosto del 2005, il mondo biancoceleste piangeva la scomparsa di Giuliano Fiorini: il bomber! L’attaccante che con un suo gol, nel decisivo match contro il Vicenza, ha regalato ai tifosi la speranza di un futuro.

Il 5 agosto del 2005 il mondo biancoceleste piangeva la scomparsa di Giuliano Fiorini. Il bomber: l’uomo che ha regalato ad un intero popolo, la speranza di un futuro migliore. Quel gol contro il Vicenza, quel controllo sul tiro cross di Podavini e quella girata in grado di spezzare l’equilibrio e battere il portiere vicentino Dal Bianco (che sembrava insuperabile) è una delle immagini più iconiche del mondo laziale. Quella corsa sotto la Nord, quel pianto emozionante, disperato e rabbioso, mentre rientrava in campo, era la sintesi di una stagione clamorosa.

Fiorini
20 anni senza il tuo sorriso: l’ultimo ricordo del bomber più amato – lalazio.com –

La squadra, guidata da Eugenio Fascetti e diretta dal patron Calleri, che proprio in extremis riesce ad evitare il fallimento, è costretta a iniziare la stagione in serie B con nove punti di penalizzazione. In un campionato che prevede due punti a vittoria, iniziare con nove lunghezze da recuperare equivale a partire con un handicap di quattro gare e mezzo. Addetti ai lavori ed esperti sono pronti a scommettere che già da gennaio la squadra sia fuori dai giochi salvezza e che sia inutile provare a superare uno scoglio che sembra insormontabile. Per capire la validità dell’impresa basterà pensare che la stagione successiva l’Empoli non fu in grado di recuperare una penalità di cinque punti. In pratica la metà dell’handicap laziale. Eppure grazie ai gol di Fiorini, la squadra riesce nel miracolo. E lo fa nel modo più emozionante possibile: grazie ad una rete del suo centravanti nei minuti finali di Lazio-Vicenza e agli spareggi di Napoli contro Taranto e Campobasso.

Giuliano Fiorini, l’ultima intervista

Fiorini era il leader, il giocatore più rappresentativo e l’uomo più amato dai tifosi. Perchè era stato in grado di accorciare le distanze con loro: in realtà si comportava come uno di loro. Nelle feste, nelle cene, negli incontri con i club, era sempre presente. Con la sua aria scanzonata e serena, poco avezza ai profili dei calciatori di oggi. Nelle righe che leggerete, abbiamo riportato una delle sue ultime interviste. Forse proprio l’ultima. Una sorta di testamento biancoceleste. La realizzai a marzo del 2005, pochi mesi prima della sua scomparsa. In pochi (me compreso) conoscevano la gravità delle sue condizioni di salute.

Giuliano Fiorini, l’ultima intervista – lalazio.com

Giuliano Fiorini, ricorda la sua prima e l’ultima gara giocata con la maglia della Lazio?

“Certamente: la prima fu un Lazio – Catania, una sfida di Coppa Italia che vincemmo 1-0 grazie ad un mio gol. Ebbi la fortuna di esordire e di segnare subito un gol decisivo con la maglia della Lazio. L’ultima fu lo spareggio decisivo con il Campobasso, la fine di un incubo”.

Numero di maglia preferito?

“Ho sempre giocato con il nove, anche se nella famosa sfida con il Vicenza avevo il numero 11. Forse un segno del destino”.

Per chi non ha avuto la possibilità di vederla all’opera, può spiegarci quali erano le sue caratteristiche di gioco?

“Agli inizi della mia carriera amavo partire da lontano, ma a causa degli infortuni ho dovuto limitare il mio raggio d’azione trasformandomi in un vero e proprio centravanti. Comunque ho sempre mantenuto una buona padronanza tecnica”.

Sa che il suo nome rimarrà legato per sempre a quello della Lazio?

“E di questo ne sono orgoglioso. Nella mia carriera non ho mai vinto nessun titolo. Ma credo che nella storia della Lazio la salvezza del 1987 sia come uno scudetto. Molti tifosi mi dicono che considerano quel campionato come il terzo scudetto della storia della Lazio. Abbiamo salvato la Lazio da una morte che sembrava certa e fa piacere sapere che i tifosi ci ricordano e in questo caso, mi ricordano, per questo”.

Ha un rimpianto per la sua carriera?

“Nessuno, tutto quello che ho fatto, l’ho fatto con il cuore”.

Giuliano Fiorini aveva una scaramanzia prima di ogni partita?

“Entravo in campo sempre per ultimo. Era una mia personale scaramanzia che cercavo di ripetere sempre”.

L’arrivo alla Lazio e il rapporto con Fascetti

Qual è il primo ricordo di Giuliano Fiorini legato alla sua infanzia?

“Sono stato protagonista di un’infanzia molto povera ma bella. Ripensandoci bene pur non avendo molto ci divertivamo tantissimo. Insomma ci divertivamo con poco e certamente, confrontandoci anche con i giovani di oggi, apprezzavamo molto di più le cose che riuscivamo a conquistare. Fortunatamente sono riuscito ad esordire in prima squadra a sedici anni e con i primi guadagni ho cercato di dare una mano alla mia famiglia”.

L’arrivo alla Lazio e il rapporto con Fascetti – lalazio.com

C’ è un momento storico nella carriera di Giuliano Fiorini in cui entra in scena la Lazio?

“Oltre al giorno in cui venni contattato dalla società per arrivare a Roma ricordo con piacere una partita tra Lazio e Bologna, giocata verso la fine degli anni 70. Giocavo con la squadra rossoblu e perdemmo 1-0 con goal di Giorgio Chinaglia, appena tornato dagli Stati Uniti. Ricordo il modo in cui il pubblico trascinò la squadra biancoceleste. Semplicemente straordinario”.

Molti affermano che giocare nella capitale è bellissimo, altri che può diventare una tragedia. Qual è la verità?

“Roma è una piazza particolare. Ma ti può regalare delle emozioni incredibili. Ricordo i continui sfottò tra i tifosi della Lazio e quelli della Roma, d’altronde Roma è così, ed è emozionante per questo. Ricordo che dopo il famoso Roma-Lecce che costò lo scudetto ai giallorossi il nostro campo di allenamento fu invaso da tanti sostenitori biancocelesti. Era aria di festa”.

L’allenatore preferito e perché?

“Alla Lazio sono stato guidato da due persone straordinarie, uniche: Gigi Simoni e Eugenio Fascetti. Impossibile sceglierne uno e preferirlo all’altro. Ripeto, li considero due tecnici e due persone straordinarie”.

Riesce almeno ad elencarne le differenze caratteriali?

“Fascetti era certamente una persona schietta e sincera. Uno che se ti doveva dire una cosa te la diceva in faccia, senza troppi giri di parole. Simoni era più riflessivo e diplomatico, ma si faceva sentire lo stesso”.

Qual è stato il compagno di squadra con il quale riuscì a legare di più?

“Mimmo Caso, una delle poche persone con le quali potevi parlare di qualsiasi cosa”.

“Lazio – Vicenza, mi sono reso conto di quello che è successo solo al fischio finale”

Se è d’accordo vorremmo chiudere parlando del famoso Lazio – Vicenza. Cosa ricorda della preparazione della gara?

“La tensione che si respirava nello spogliatoio alla vigilia di Lazio-Vicenza. Non c’era tanta voglia di parlare. C’era ansia e preoccupazione, oltre ad una concentrazione incredibile da parte di tutti”.

“Lazio – Vicenza, mi sono reso conto di quello che è successo solo al fischio finale” – lalazio.com

Ricordando la partita invece, c’è qualcosa che le viene immediatamente in mente al di là del gol segnato?

“Il fatto che non riuscivamo a segnare. Abbiamo fatto un primo tempo incredibile. Creammo un numero clamoroso di palle gol. Ricordo solo che il loro portiere fece un numero incredibile di parate. Niente… non riuscivamo a sbloccare la partita che solo nel primo tempo meritavamo di chiudere con almeno due o tre gol di scarto”.

Nella ripresa il copione non sembra cambiare: la Lazio attacca, crea tantissimo, ma non sfonda. Fino al minuto 82′, quando Fiorini si avventa su tiro cross di Podavini e segna il gol più importante della storia della Lazio.

“Solo quando ho visto entrare la palla in rete ho capito davvero che era successo qualcosa di bello. Che non avevo segnato un gol normale. La gente che impazziva, i compagni che correvano con me sotto la curva. Tutto molto bello”.

Si è reso immediatamente conto di quello che aveva fatto?

“Credo di aver realizzato quello che avevo fatto solo al fischio finale, quando sono uscito dal campo e ho iniziato a piangere come un bambino”.

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