Il centrocampista francese non manca mai, è una specie di “robot” con una batteria inesauribile, da lui parte tutto o quasi
Un tocco alla porta, uno sguardo e un urlo. Si parte. E’ il piccolo, banale e semplice rituale che Mateo Guendouzi fa spesso prima di cominciare una gara, che sia amichevole o una partita ufficiale, lui deve far capire l’importanza del momento ed è quasi un richiama d’attenzione e di concentrazione alla squadra. E’ da sempre un leader, uno che, in qualsiasi squadra dove è stato, forse un po’ meno all’Arsenal all’inizio, ha sempre cercato di calarsi nel modo migliore con l’ambiente e con la squadra. Carattere forte e dominante sul campo, irriconoscibile fuori tanto che viene definito da tutti come uno che quasi si trasforma, visto che è un ragazzo d’oro, gentile quasi timido e non affatto rumoroso. L’esatto contrario di quello che succede sul terreno di gioco, affidabile, scontroso e dinamico fino all’eccesso quasi.

C’è da dire che la stagione scorsa, appena si è conclusa e per come si è conclusa, gli aveva lasciato una profonda amarezza, tanto che parlando col suo agente aveva fatto intendere che se gli avesse trovato una sistemazione diversa magari con un ingaggio più elevato o anche lo stesso ma con più anni, lui sarebbe andato via. Certo la Lazio avrebbe chiesto una somma superiore ai 30 milioni di euro, ma l’agente del francese non disperava anche perché i rapporti con Fabiani per via di quell’adeguamento promesso l’anno scorso non è che siano poi così idilliaci. Con Baroni un buon rapporto, professionale e di rispetto, ma qualcosa all’ultimo si era inceppato sul campo.
Il ritorno di Sarri ha cambiato tutto: ora si balla
Insomma, un’estate un po’ così, anche se la preparazione del matrimonio e la gioia di celebrarlo nella capitale, un po’ di pensieri gliel’ha tolti, poi quella notizia che cambia tutto, ovvero il ritorno di Maurizio Sarri, quel tecnico che tanto l’aveva voluto due anni adesso è tornato. Mateo era stato uno di quelli che più di tutti, insieme a Luis Alberto, aveva cercato di fare di tutto per convincere il Comandante a non dimettersi. Il ritorno ha quasi messo le cose a posto anche perché se con Baroni c’era un rapporto di rispetto e professionale, col tecnico toscano è completamente l’opposto, un feeling naturale, a volte fin troppo schietto, ma Guendo si trova benissimo con lui e per il toscano, il mediano francese farebbe di tutto.

Si riparte di nuovo e stavolta sarà peggio di altre volte perché la Lazio è la stessa dell’anno scorso e, forse un po’ proprio per questo, non è tra le più considerate. Condizioni particolari e stimolanti soprattutto per uno come Mateo Guendouzi che da questo genere di cose ricava gli stimoli per far vedere di cosa è capace e quello che potrebbe fare la Lazio in questo campionato. Si parte col Como, una squadra giovane e fresca, ma da parte del francese, e non solo, c’è la grinta e l’esperienza per poter fare bene e sorprendere una formazione come quella comasca. Un po’ quello che è accaduto l’anno scorso.